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30 | giovanni boccaccio. |
rare ch’esso fosse divenuto, avendo avaro altrettanti aiutatoci, o almeno ninno contrario, o pochissimi, come hanno molti ? Certo io non.^o; ma se lecito fosse a dire, io direi: clie egli fosse in terra divenuto uno Iddio. ^ (■’. — S!ua i)orle ci onori fuìiehri. Abitò adunche Dante in Ravenna (tolta via ogni speranza di ritornare mai in Firenze, come che tolto non fiisse il disio) più anni sotto la protezione del grazioso signore; e quivi con le sue dimostrazioni fece più scolari in poesia e massimamente nella vuigare (1); la quale, secondo il mio giudicio, egli primo non altrimenti tra noi italici esaltò e recò in pregio, che la sua Omero tra’ Greci o Virgilio ti"a’ Latini. Davanti a costui, come che per poco spazio d’anni si creda che innanzi trovata fosse, niuiio fu che sentimento o ardire avesse, dal numero delle sillabe e dalla consonanza delle parti estreme in fuori, di farla essere strumento d’alcuna artificiosa materia; anzi solamente in leggeiMssime cose d’amore con essa se esercitavano. Costui mostrò con effetto con essa ogni alta materia potersi trattare, e glorioso sopra ogni alti’O fece il volgar nostro. Ma poi che la sua ora venne, segnata a ciascheduno, essendo egli già nel mezzo, o presso, del cinquantesimo sesto suo anno infermato, e secondo la cristiana religione ogni ecclesiastico sacramento umilmente e con divozion ricevuto, e a Dio per contrizioii d’ogni cosa commessa da lui contra "1 suo piacere, siccome da uomo, riconciliatosi; del mese di settembre negli anni di Cristo mccckxi, nel di che la esaltazione della santa croce si celebra dalla Chiesa, non sanza grandissimo dolore del sopradetto Guido, e generalmente di tutti gli altri cittadini raviguani, al suo Creatore rende il faticato spirito; il quale non dul)ito che ricevuto non fosse nelle braccia lìella peti superati e per 1’ acquistata scienzia, sia di doppia corona da onorare. Ma da ritornare è alla intralasciata materia. 13. Abitò adunque Dante in Ravenna più anni nella grazia di quel Signore, e quivi a molti dimostrò la ragione del dire in rima, la quale maravigliosamente esaltò. Et essendo già al quinquagesimo sesto anno della sua età pervenuto inlermò, e come fedele cristiano riconciliatosi, per vera contrizione e confessione delle colpe commesse, a Dio, del mese di set tenibile, coiM’enti gli anni di Cristo mgogxxi. il di che la esaltazione della Santa Croce si celebra, passò della presente vita. La cui anima ci^eder possiamo essere stata nelle braccia della sua nobile Beatrice ricevuta e presentata (1) Non è inopportuno ricordare qui l’altro accenno a Dante quale insegnante, che si legge nel codice, del sec. xv, Med. — Lauren., pi. xni, n." 16, Liber de Theleuteìogio, opera forse di un Sebastiano da Gubbio. Al lib. ni, coUaz. in, e. 209 v., parlandosi de Luccuria et ejus effectibus è detto: « Haee illa est, quae Dantem Alagherii vestri temporis poetam, florentinum civem, tuae a teneri^ annis adolescentiae preeeptorem, inter humana ingenia naturae dotibus corruscantem, et omnium morum habitibus rutil«ntem,
adulterinis amples-ibus venenavit ». Ma da chi e a cui sia detto ciò, rimane ignoto.