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giovanni boccaccio. 27

§ 5. — Fuga ila Firenze e viaggi di Dante. Uscito adaiiclie in cotal maniera Dante di ((aelia città, della ((uale egli non solamente era cittadino, ina n’erano i suoi maggiori stati reedifìcatori, e lasciatavi la sua donna insieme coU’altra famiglia, male per picciola età alla fuga disposta; di lei sicuro, perciò che di consanguinità la sapeva ad alcuno dei principi delia parte avversa congiunta, di sé medesimo or qua or là incerto, andava vagando per Toscana. Era alcuna particella delle sue possessioni dalla donna col titolo della sua dote dalla cittadina rabbia stata con fatica difesa, de’ frutti della quale essa sé e i piccioli figliuoli di lui assai sottilmente reggeva; per la qual cosa povero, con industria disusata gli convenia il sostentamento di sé medesimo procacciare. Oh quanti onesti sdegni gli convenne pospai’re, più duri a lui che morte a trapassare, promettendogli la speranza questi dover essere brievi, e prossima la tornata! Egli oltre al suo stimare, parecchi anni, tornato da Verona (dove nel primo fuggire a messer Alberto della Scala n’ era ito, dal quale benignamente era stato ricevuto), quando col conte Salvatico in Casentino, quando col marchese Moruello Malespina in Lunigiana, quando con quelli della Faggiuola ne’ monti vicino a Urbino, assai convenevolmente, secondo il tempo e secondo la lor possibilità, onorato si stette. Quindi poi se n’andò a Bologna, dove poco stato, n’andò a Padova, e quindi da capo si tornò a Verona. Ma poi ch’egli vide da ogni parte chiudersi la via alla tornata, e di di in di divenir più vana la sua speranza; non solamente Toscana, ma tutta Italia abbandonata, passati i monti che quella dividono dalla provincia di Gallia, come potè se n’andò a Paidgi; e quivi tutto si diede allo studio e della filosofia e della teologia, ritornando ancora in sé dell’altre scienzie ciò che forse 11. Questo fine ebbe la gloriosa maggioranza di Dante, e da’ suoi cittadini le sue pietose fatiche questo merito riportarono. Lasciati adunque la moglie e i piccoli figliuoli nelle mani della fortuna, et uscito di quella città, nella qual mai tornare non doveva, sperando in brieve dovere essere la ritornata, più anni e per Toscana e per Lombardia, quasi da estrema povertà constretto, gravissimi sdegni portando nel petto, s’andò avvolgen(io. Egli primieramente rifuggi a Verona; quivi dal Signoi-e della terra ricevuto e onorato fu volentieri e sovvenuto. Quindi in Toscana tornatosi, per alcun tempo fu col conte Salvatico in Casentino. Di quindi fu col marchese Moruello Malaspina in Lunigiana; et ancora per alcuno spazio fu co’ Signori della Faggiuola ne’ monti vicini a Urbino. Quindi n’andò a Bologna, e da Bologna a Padova, e da Padova ancora si tornò a Verona. Ma essendo già dopo la sua partita di Firenze più anni passati, né apparendo alcuna via da potere in (juella tornare, ingannato trovandosi del suo avviso, e quasi del mai dovervi tornare disperandosi, si dispose del tutto d’abbandonare Italia; e passali gli Alpi, come potè se n’ andò a Parigi, acciò che quivi a suo potere

studiando, alla filosofia il tempo, che nell’ altre sollecitudini vane tolto le