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26 giovanni boccaccio.

esser forte e di grandissima moltitudine di armati, si gii principi de’ collegati di Dante spaventò, che ogni Consilio, ogni avvedimento e ogni argomento cacciò da loro, se non il cercare con fuga la lor salute; co’ quali insieiie. Dante in uno momento prostrato dalla sommità del reggimento della sua città, non solamente gittate in tei-ra si vide, ma cacciato di quella. Dopo questa cacciata non molti di, essendo già stato coi’so dal pupolazzo alle case (le’ cacciati, e furiosamente votate e rubate, poi che i vittoriosi ebbero la città riforamta secondo il loro giudicio, furono tutti i principi de’ loro avversarli, e con loro, non come dei minori ma quasi principale, Dante, siccome capitali nimici della republica dannati a perpetuo esilio, e li loro stabili beni in publico furono ridotti, o alienati a’ vincitori. Questo merito riportò Dante del tenero amore avuto alla sua patria ! questo merito riportò Dante dell’affanno avuto in voler tór via le discordie cittadine! questo merito riportò Dante dell’avere con ogni sollecitudine cercato il bene, la pace e la tranquillità de’ suoi cittadini! Perché assai manifestamente appare qua\jto sieno vóti di verità i favori de’ popoli, e quanta fidanza si possa in essi avere. Colui, nel quale poco avanti pareva ogni publica speranza esser posta, ogni affezione cittadina, ogni rifugio popolare; subitamente, sanza cagione legittiuia, sanza offesa, sanza peccato, da quel romore, il (juale per addi-ieto s’era molte volte udito le sue laudi portare inflno alle stelle, è furiosamente mandato in irrevocabile esilio. Questa fu la marmorea statua lattagli a eterna memoria della sua virtù ! Con queste lettere fu il suo nome tra quelli de’ padri della patria scritto in tavole d’oro ! Con così favorevole romore gli furono rendute grazie de’ suoi benefìcii ! Chi sarà dunque colui, che a queste cose guardando, dica la nostra republica da questo pie’ non andar sciancata ? vana fidanza de’ mortali, da quanti esempli altissimi se’ tu continuamente ripresa, ammonita e gastigata ! Deh se Camillo, Rutilio, Coriolano, e l’uno e l’altro Scipione, e gli altri antichi valenti uomini per la lunghezza del tempo interposto ti sono dalla memoria caduti, questo recente caso ti faccia con più temperate redine correre ne’ tuoi piaceri. Niuna cosa ci ha meno stabilità che la popolesca grazia; niuna più pazza spei’anza, ninno più folle consiglio che quello che a crederle conforta nessuno. Levinsi adunche gli animi al cielo, nella cui perpetua legge, ne’ cui eterni splendori, nella cui vera bellezza si potrà sanza alcuna oscurità conoscere la stabilità di Colui che le une e le altre cose con ragione muove; acciò che, siccome in termine fìsso, lasciando le transitorie cose, in lui si fermi ogni nostra speranza, se trovar non ci vogliamo ingannati. veano scoprii-e, nacque una voce per tutta la città, la parte avversa a quella, con la quale Dante teneva, grandissima moltitudine d’armati in disfacimento de’ loro avversarij avere nelle case loro. La qual cosa creduta spaventò si i collegati di Dante, che ogni altro consiglio abbandonato, che di fuggire, non cacciati uscirono della città e con loro insieme Dante. Né molti di trapassarono, che avendo i loro nimici il reggimento tutto della città, come nimici pubblici tutti quegli che fuggiti s’erano furono in perpetuo

esilio dannati, et i loro beni ridotti in pubblico o conceduti a’ vincitori.