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giovanni boccaccio. 23

fanno, non altra sorte essere la loro che d’un servo; perché allora par solameute loro esser donne, quando, male a’ioperando, non vengono al fine che i fanti fanno. Perché voglio io andare dimostrando particularniente quello che i più sanno ? io giudico che sia meglio il tacersi che dispiacer, parlando, alle vaghe donne. Chi non sa che tutte le altre cose si pruovano prima che colui da cui dehbono esser couiperate le prenda, se non la moglie, acciò che prima non dispiaccia che sia menata? A ciascuno che la prenda, la conviene avere non tale quale egli la vorrebbe, ma quale la fortuna gliela concede. E se le cose che di sopra son dette sono vere (che il sa chi provate l’ha), possiauio pensare quanti dolori nascondano le camere, li quali di fuori, da chi non ha occhi la cui perspicacità trapassi le mura, sono l’iputati diletti. Certo io jion affermo queste coserà Dante es^sere avvenate;_ ché^ noi ^oj come che vero sia che o simili cose a queste, o altre che ne fossero cagione, egli una volta da lei partitosi, che per consolazione de’ suoi affanni gli era stata data, mai né dove ella fosse volle venire, né sofferse che dove egli fusse, ella venisse giammai; con tutto che di più figliuoli egli insieme con lei fosse parente. Né creda alcuno che io per le su dette cose voglia concili U’iere, gli uomini non dover tórre moglie; anzi il lodo molto, ma iK)n a ciascimo. Lascino i filosofanti lo sposarsi a’ ricchi stolti, a’ signori e a’ lavoratori: e essi colla filosofia si dilettino, molto migliore sposa che alcuna altra. § 4. — CuìX’ familiari, onori ed esilio di Dante. Natura genei-ale è delle cose temporali, l’una Taltra tirarsi drieto. La familiar cura trasse Dante alla publica, nella qual tanto 1’ avvilupparono li vani onori che alli publici uhcii congiunti sono, che sanza guardare d’onde s’era partito e dove andava, con abbandonate redine quasi tutto al governo a sostenere, la spesa inestimabile che ne’ loro or-namejiti ricliieggono; tutte cose, quanto essere possono, avverse a’ contemplativi pensieri. Che dirò se gelosia v’interviene? Che, se cruccio che per lunghezza si converta in odio? Io corro ti-oppo questa mateida, pei-ciò che Inastar dee agl’intendenti averne superficialmente toccato. Ma chenti che l’altre si siano, acciò che io quando che sia mi i-iduca al proposito, tal fu quella che a Dante fu data, che da lei una volta partitosi, ne volle mai dove ella fosse tornare, ne che ella andasse là dove esso fosse. Né creda alcuno che io per le sopradette cose voglia conchiudere, gli uomini non dovei’e tórre moglie; anzi il lodo, ma nona tutti. 1 filosofanti, che ’1 mio giudicio in questo seguiteranno lascieranno lo sposai’si a’ ricchi stolti et a’ signori, e similmente a’ lavoratori: et essi con la filosofia si dilettei-ranno, molto più piacevole e miglioi’e sposa che alcuna altra. 9. Tirò appresso di sé lo stimolo della moglie al nostro Poeta un’altra quasi inevitabile gravezza, e questa fu la sollecitudine d’allevare i figliuoli,

perciò che in brevie spazio di tempo padre di famiglia divenne; e, strin-