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rigliosi: nè la maestà del pontifical suo trono, nè lo splender dell’eccelse sue virtù, nè i voti, i timori, ed i pianti della desolata Sionne han potuto sottrarlo al fatale destino. Oh morte! Oh PIO! Oh perdita inver funesta! Ma adoriamo, o Signori, gl’inscrutabili giudizii Dio, e facciamo omai fine al pianto. Il cristiano alfin non muore, sol cangia di vita. La tomba tutto l’uomo non distrugge: e noi non dobbiamo, dice l’Apostolo, piangere coloro che dormono un sonno di pace, come se fossimo senza speranza. Vive, vive l’adorato PIO, vive in seno all’eternità, lieto vive in Dio, come ci giova sperare. E se vive in Dio, come possiamo credere d’averlo perduto? Vive, e me ne fan fede l’esimie virtù, di cui ha lasciato in terra sì chiare memorie. Vive, e me ne fan certo le sante sue opere, che all’altra vita il seguirono, per essere coronate di gloria. Qual conforto apportar non deve al comune dolore un sì giusto e religioso pensiero!