Pagina:Sofocle - Edipo Re.djvu/27


23

Veggente solo, e in sua scïenza cieco. —
Dimmi, su via, quale indovin tu sei?
380Quando il mostro fatal qua inferocìa,
Perchè da morte i cittadini tuoi
Non sottrar?... Ma che dico? Era l'enimma
Non a sciorsi da tutti, e di profeta
L’arte chiedea; nè di profeta l'arte
385Tu dagli augelli ovver da’ numi appresa
Ne dimostri aver mai. Ben io qua giunto,
Io quell’ignaro d’ogni cosa Edipo,
Quetai col senno il suo furor; col senno,
Non dagli augelli istrutto. Or quell’Edipo
390Sbandir vorresti, e por Creonte in trono,
Onde del trono ripararti all'ombra.
Ma l’iniquo attentato a chi l'ordia
Costerà pianto, e a te. Se d’anni carco
Tu non fossi così, di tua scïenza
395Fatto già un tristo esperimento avresti.
coro
Ira par che dettati a lui gli accenti,
E a te pur gli abbia, Edipo. Ah di contese
Mestier non è: ma d’indagar qual mezzo
Havvi del nume a compier meglio i cenni.
tiresia
400— Io, sebben re tu sei, conformi detti
Render ti voglio, e ben mi sta; chè servo
Non son di te, ma sì d’Apollo, e quindi
Nè di Creonte protettor m’è d’uopo. —
Cieco tu m’appellasti in suon di scherno;
405Ma tu veggente, i mali tuoi non vedi,
Ove alberghi, e con chi. Sai da chi nasci?