Tal minaccioso un crollo,
Venite or anco ad arrecarne aita.
Quale, oh dei, mi circonda affanno e lutto!
Egro è il mio popol tutto, 170Nè tanto mal corregge
D’arte soccorso, o d’intelletto acume.
Frutto niegan le zolle, e al duol non regge
Più ne’ parti la donna. Come denso
Nugol d’augei, l’immenso 175Popolo ratto più che lampo miri
Scendere al lido dell’inferno nume;
E già carca è la terra orribilmente
D’illacrimata gente.
Spose, e madri canute 180Presso all’are qua e là pianto e sospiri,
Supplicando salute,
Spargono all’aura, ed un concorde senti
Echeggiar di peani e di lamenti. —
Aurea figlia di Giove, ah tu soccorso 185In tant’uopo ne invia;
E questo Marte struggitor, che nudo
Pur di brando e di scudo,
Mi rugghia intorno e mi divampa, il dorso
Fa che alla patria mia 190Volga fuggendo; e caccia il maledetto
D’Anfitrite nel letto,
O dell’onda profonda
Del Tracio mare alla deserta sponda.
Ciò che notte non compie, il dì novello 195Tutto consuma. — O tu che il mondo affreni