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allagati fino alla grande linea del Po. Noi non siamo padroni in casa nostra. Soltanto apparentemente abbiamo ricacciato i tedeschi al di là delle Alpi. Possiamo difendere il nostro paese sul Tanaro, sul Ticino, sull’Adige; ma la nostra frontiera militare è pur sempre quella del Po. Lasciando stare il Piemonte, maraviglioso campo trincerato, e la Lombardia occidentale che è fino a un certo punto assicurata dall’armata neutralità svizzera: ma il Friuli e persino il Veneto non sono per noi, oggi, che la testa di ponte dell’Adige o magari del Po. E ciò causa gli assurdi, illusori, disperati confini orientali che Custoza e Lissa c’imposero.
E’ questo: risorgemmo a nazione in troppo triste modo perchè l’Europa e specialmente l’impero tedesco (Germania e Austria) ci concedessero la piena autonomia militare del nostro stato. Fino al ’59 l’Austria dal Po è padrona a casa nostra; ma dal ’66 essa dall’Adige e sull’Isonzo mantiene in casa nostra il diritto d’offesa. Non c’è fatto che dimostri più plasticamente la nostra insufficiente e in gran parte illusoria autonomia nazionale che la frontiera veneto-friulana, la quale ha permesso sempre alla monarchia danubiana d’imporci tutte le rinunzie, le remissioni, le vergogne con le minacce degli Haymerle e dei Conrad. Il Trentino e l’Istria non nostri sono il simbolo tremendo della nostra debolezza. Sui varchi del Trentino e a Pola dovemmo accettare l’annessione della Bosnia-Erzegovina, la minaccia del Sangiaccato su Salonicco, il continuo pericolo dell’Austria a Scutari e a Vallona, la predominanza austriaca nei Balcani, i quarant’anni di spasimo delle nostre provincie irredente, tutta, goccia a goccia, l’oltracotante politica austro-tede-