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è una pura parola. Tanto più che le minoranze non italiane che l’Italia annetterà sono tutte (meno eccezioni trascurabili) bilingui, parlando esse correntemente e usualmente l’italiano. E l’Italia non può spaventarsi del suo compito, come non se ne spaventa la Francia per l’Alsazia e Lorena, nè la Germania per esse, per lo Slesvig, per la Polonia, nè la Russia, nè gli stati balcanici. Vuol dire che l’Italia dovrà compierlo seguendo una strada e una regola sua.

A me non spetta qui di trattare di ciò. Ma siccome la questione etnica è, fra altro, strettamente connessa a quella dei confini (poiché le nazionalità straniere abiteranno appunto nei punti più delicati della difesa nazionale) credo necessario dire in due parole il mio convincimento a questo proposito, tanto più che già alcuni hanno parlato di «dittatura militare» e di «assimilazione rapidissima».

Dunque: basandomi su tutto ciò che è avvenuto quasi sempre e quasi da per tutto, credo che una certa assimilazione, molto lenta, avverrà anche degli slavi e anche dei tedeschi, sopratutto tra quelli già ora misti nelle località dov’è una maggioranza o una forte minoranza italiana. I gruppi compatti però slavi (nell’interno della Dalmazia, dell’Istria liburnica, di Postumia, della valle dell’Isonzo) e tedeschi (nell’Alto Adige) manterranno magari per secoli la loro nazionalità, anche se in superficie saranno a poco a poco italianizzati. E anche ciò è avvenuto quasi sempre e quasi da per tutto.

In tutti i casi però se noi desideriamo che l’assimilazione avvenga e s’estenda il più possibile noi non dobbiamo far niente di artificiale per promuoverla. La vo-