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ricchezza dell’Istria potesse somministrare i viveri e i denari necessari alle povere provincie militari di confine. E forse sperava anche che il regno illirico avrebbe potuto più tardi estendersi con nuovi territori conquistati alla Turchia. Ma con tutto ciò egli considerava la frontiera dell’Isonzo (contro cui il vicerè Eugenio aveva umilmente protestato) del tutto provvisoria. Non era una vera separazione del regno italiano (Thiers, XXVIII) ma, secondo le sue stesse parole «ordinamento inteso a completare il possesso del Friuli». Tant’è vero che l’Istria fu considerata unita al Regno d’Italia in molteplici leggi comuni e per alcuni rami importantissimi dell’amministrazione (leve dei marinai, saline e boschi). Le provincie illiriche erano sette (coi nomi già esistenti). La provincia d’Istria (da Pola all’Isonzo, cioè comprendeva anche Gorizia e Monfalcone), aveva Trieste per capoluogo.
Il regno d’Italia, stretto tra l’Isonzo e la Sesia (Piemonte e Parmigiano erano inclusi nell’impero francese), aveva dunque tanto ad oriente che ad occidente confini convenzionali, che potevano sussistere soltanto finchè l’impero francese isolasse, da tutte le parti, direttamente o indirettamente il piccolo stato. Pure al nord, benchè la Baviera continuasse a esser fedele, Napoleone non potè ammettere più a lungo la minaccia del Trentino in mano altrui. Col trattato di Parigi del 28 febbraio 1810 egli tolse alla Baviera tutto il Trentino e lo unì all’Italia quale dipartimento dell’Alto Adige. Secondo questo trattato doveva passare all’Italia una popolazione di 280.000-300.000 anime e, in accordo con ciò, le prime disposizioni date al generale Baraguay d’Hilliers fanno ritenere che Napoleone volesse portare la nuova linea di confine fino allo