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stare a letto per oltre un mese. Nel delirio diceva che era stata Gavina a far scoppiare il razzo, e la madre bagnandogli il viso bruciato piangeva domandandosi perchè i suoi figli, invece di amarsi, come Dio comanda, si odiavano come due nemici.


II.


Gli anni passavano, e come in tutti i piccoli paesi del mondo anche nella piccola città il tempo non lasciava che lievi traccie, occupato sempre a distruggere e rifare solo le cose delle grandi città.

A vent’anni Gavina conservava il suo aspetto fiero e triste di adolescente, il suo fazzoletto scuro, i suoi vestiti mal tagliati e peggio cuciti. Anche la sua anima non mutava: il suo sentimento religioso era diventato più profondo, pacato, ragionato, e quando ella riusciva ad analizzarlo lo trovava grande e sublime; ma l’unica ragione di vivere, per lei, consisteva sempre nel «non peccare» come per l’avaro consiste nel «non spendere».

E i suoi giorni cadevano eguali e pallidi, come i petali che si staccano uno dopo l’altro dalla rosa appassita. Solo qualche volta i colpi che il postino batteva alla porta riuscivano