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stamente, come mio padre, lavorerò, sarò un figlio rispettoso....

Gavina non credette ad una sola di queste parole e vedendo il canonico Sulis con le lagrime agli occhi ne provò stizza; ma per non turbare la scena commovente si alzò ed usci nell’orto, ove poco dopo la raggiunse Michela.

— Non sai, non sai che mi è accaduto? Priamo Felix voleva darmi una lettera per te....

— Tu l’hai presa.... tu?... — domandò Gavina, pallidissima. — No, no, vero? Guai a te, se osi tanto, guai, guai. Egli è pazzo....

— Ma se insiste, che devo dirgli?

— Che io.... che io.... non voglio sentir parlar di lui, nè di altri.... di nessuno, di nessuno! Io sono come morta per lui.... per tutti....

L’indomani zio Sorighe preparò la sua bisaccia per partire; andò a salutare il canonico Felix, si congedò dalla sua padrona, e dopo aversi caricato la bisaccia sulle spalle disse:

— Coraggio, signora Zoseppa! «Egli» ora è più felice di noi. Egli è arrivato, mentre noi camminiamo ancora.

Domandò di Gavina, e saputo che era nell’orto a inaffiare i crisantemi che ella coltivava con cura per farne corone da deporre sulla tomba di suo padre, andò a salutarla.

— «Dami sa manu, bellita, bellita....».