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PARTE SECONDA.


I.


Dopo la morte del signor Sulis la casa diventò più triste di un convento. Il lutto doveva essere rigidamente osservato almeno per due anni, e durante i primi sei mesi le finestre verso strada dovevano restare chiuse. Gavina si consumava di tristezza. Ella aveva veduto suo padre morto; pallida e ansante s’era curvata sul viso calmo di lui, guardando entro quegli occhi glauchi socchiusi, come entro un luogo misterioso, un lago vitreo senza luce nè moto; e aveva avuto l’impressione che quello spazio immobile e freddo fosse, non l’abisso della morte, del nulla, ma l’abisso della vita. Ecco, tutto finiva così! Suo padre, che ieri ancora sorrideva e scherzava, adesso stava immobile e muto per tutta l’eternità. Che cos’è la vita umana! Un volo d’uccello. Ed ella andò ad appoggiarsi ai vetri della finestra chiusa, e pianse pensando che ella, col suo peccato, aveva forse affrettato la morte di suo padre.