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dicevano i versi, anche le campagne coltivate sembravano deserti africani! Quelle due voci animavano la solitudine e parevano un lamento del paesaggio stesso che si addormentava ancora caldo dalle carezze del sole.

Anche la quercia fremeva, quasi destandosi al canto d’amore come un vecchio esule al ritmo di una patria melodia. Allora il ricordo di Priamo ritornava nel pensiero di Gavina, e anche lei, senza volerlo, rispondeva alla cantilena amorosa che vibrava nella notte.

Un giorno giunsero i vendemmiatori, quasi tutti giovani e allegri. Il guardiano compose un’ottava per ogni vendemmiatrice, destando molti commenti ed anche qualche protesta per certe sue affermazioni troppo ardite; e tutti, benché stanchi, fino a tarda sera cantarono e risero.

Dal suo solito posto sotto la quercia, Gravina assistè non veduta al colloquio amoroso di un vendemmiatore e di una vendemmiatrice: seduti sul muricciuolo essi scherzavano, e sulle prime la donna rideva, piano piano, come se il compagno le facesse il solletico, poi tacque, poi sospirò. Anche l’uomo tacque. Gavina capiva che i due si baciavano, e senza volerlo pensava a Priamo e invidiava la felicità dei due paesani. Passò una notte agitata, insonne; le pareva d’essere nuovamente caduta in peccato mortale, e pensava a un luogo solitario, agli eremiti che facevano bene a sfug-