Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 44 — |
d’oro, al di là della vallata del convento. S’udiva lo stridere d’un falco, si sentiva l’odore del verbasco: a un tratto, nel polviscolo roseo che le si stendeva davanti, Gavina vide come un’ombra sorgere e correre verso di lei, e si alzò, come assalita dalla paura di un pericolo inevitabile; ma prima ancora che si rendesse conto di quello che succedeva, si trovò stretta fra la roccia e il petto ansante di Priamo. Egli sembrava un altro: il suo viso era tragico e i suoi occhi avevano un’espressione di dolore selvaggio; le sue labbra tremavano e sfiorarono convulse quelle di Gavina. Ella provò un impeto di dolore e le parve di dover tutta la vita restare così, fra la roccia, una cui sporgenza le feriva la nuca, e il petto ansante di Priamo; ma non gridò, non si mosse, finchè un fruscìo, dietro gli alberi, non pose fine alla selvaggia dimostrazione amorosa del seminarista. Allora egli indietreggiò ed ella si guardò attorno smarrita.
— Io voglio vederti.... Dove? Dove? Io ti voglio bene, e tu pure.... a me.... Io non voglio farmi prete.... — egli disse, tentando di trattenerla; ma ella lo respinse, corse lontano, ebbra d’amore e di paura; e da quel momento fu presa da una ossessione di rimorso.
— Baciata! egli mi ha baciata! — pensava tremando. E le pareva di essere contaminata, e di aver già avute tutte le rivelazioni dell’amore.