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rosso le montagne, il crepuscolo scese sull’orto solitario; l’apparizione non venne! Il terzo giorno, vigilia della Madonna della Neve, ella digiunò a pane ed acqua e lavorò sino a tarda sera, finché sul cielo color malva serpeggiarono le strisce d’oro dei razzi lanciati dalla piazza della cattedrale. Ma l’apparizione non venne. Ella pianse d’angoscia e di desiderio. L’indomani era festa solenne: fin dalla mattina presto giunsero alcuni ospiti amici del signor Sulis, e fra gli altri una dama di un villaggio delle montagne, una donna alta e imponente, vestita di nero e di giallo, con la gonna ampia e il corsetto a punta come una dama del Seicento. Gavina l’accompagnò in chiesa, e assieme con lei s’inginocchiò fra due vecchi pastori che esalavano uno sgradevole odore d’ovile.
La chiesa era gremita di popolo; a un tratto la porta «maggiore» della cattedrale venne spalancata, e in mezzo a un torrente di luce s’avanzò il vescovo, tutto vestito d’oro, fra i canonici in mantellina di seta rossa e i seminaristi in camice di merletto e con nastri azzurri al collo. Due di essi reggevano lo strascico scintillante del vescovo: e uno era pallido e bello, simile ad un angelo triste, con le larghe maniche del camice ripiegate come ali stanche. Quando il corteo passò rasente alle panche, gli occhi torbidi dell’angelo triste s'incontrarono con quelli di Gavina; indi isemi-