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della pazienza e della bontà di lei; e lei era contenta di soffrire, come i santi martiri. Io, non per vantarmi, tu lo sai, anch’io sono prudente e paziente, ma non fino al punto di farmi bastonare! Sì, una volta, ora te lo posso dire, scopersi una cosa. Mia madre portava il cilizio! Provai anch’io, quand’ero giovane, ma non potei resistere. Poi rimasi sola, senza padre, senza madre, sola come una fiera nella foresta. Ed allora venne in mente al canonico Sulis, allora semplice prete, di farmi sposare suo fratello. Luigi aveva già quarantotto anni; io ne aveva quasi trenta: il nostro matrimonio quindi non poteva dirsi una ragazzata; uno di quei matrimoni di passione che per lo più finiscono male. E perchè finiscono male? Perchè quasi sempre la donna e l’uomo si uniscono spinti da un desiderio peccaminoso, senza saper bene quello che si fanno. E quando sono stanchi del loro peccato diventano due nemici. Io e mio marito, invece, abbiamo formato una famiglia secondo i voleri del Signore, e finora, tu lo sai, l’accordo più perfetto è regnato fra noi.

Spesso Gavina aiutava le due donne e ascoltava i racconti e i precetti materni. Intelligente e fantastica ella sapeva, per istinto, quali sono i divini piaceri della vita: l’amore, la libertà, la gloria: ma aveva un rispetto immenso per sua madre, che era la virtù in persona e che dava forza ai suoi precetti con