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Ella si mise a piangere: le sembrava che egli la guardasse con odio.

— Adesso.... ti dirò.... È stato così.... Francesco....

Mentre ella raccontava con frasi confuse la sua visita a Michela, il loro colloquio, la terribile scena seguita, egli, senza darle troppo ascolto, accese la lampada a spirito che gli serviva per disinfettare i ferri chirurgici, e chiamò Paska, ordinandole di far bollire un po' d’acqua. Poi scese in cucina e risalì portando un vaso d’acqua calda che versò rumorosamente nella catinella.

Gavina taceva impaurita, domandandosi se egli avrebbe potuto mai perdonarle questa sua ultima leggerezza!

Per alcun tempo non s’udì nella camera che il cigolìo della lampada e il rumore dell’acqua versata da un recipiente all’altro. Paska rientrò, portando due lumi, e Francesco, dopo avergliene fatto deporre uno sul tavolino, la prese per le spalle e la collocò accanto al lettuccio, insegnandole come doveva tenere l’altro.

— E niente piagnistei! — le gridò sul viso.

Paska sporse le labbra tremanti, come un bambino che si sforza a non piangere; ma i suoi occhi ancora belli splendevano di lagrime e un’espressione d’angoscia suprema solcava le sue guancie pallide e cascanti. Gavina ebbe pietà di quel muto dolore e tese la mano accennando a Paska di darle la sua. Alloraen-