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si domandava: e poi ripeteva: — vivere, vivere.... per lui.... per me.... per gli altri....

Le sembrava di comprendere finalmente tutto il valore e il significato della vita. Non rifaceva i progetti vani che un’altra volta avevano rallegrato la sua convalescenza, e capiva che apparentemente la sua vita non avrebbe mutato aspetto, ma pensava:

— Sono arrivata sino al confine; ho veduto in faccia la morte! Bisogna tornare indietro; bisogna rifare la strada.... Quanto bene si può fare nella vita!

E quasi per provare a sè stessa che era ancora viva ripeteva a voce alta:

— Vivere.... vivere! Fare del bene....

Un po’ prima del ritorno di Luca, la zia Itria salì di nuovo e le disse sottovoce:

— Sono stata là, dunque! Il portone era chiuso. Ho picchiato due, tre volte, ma essa non aprì; forse aveva paura. Allora l’ho chiamata, gridando, finché non s’è affacciata alla finestra. Era livida in viso, con gli occhi gonfi e rossi; doveva aver pianto. Per quanto l’abbia pregata, non ha voluto aprire. Allora le dissi: — Gavina è caduta e s’è fatta male a un ginocchio; la colpa è tua: perchè hai fatto questo? — Ella non rispose, ma si mise a piangere. Poi mi domandò s’era tornato Francesco. Ella deve aver paura di lui.

— Egli non le farà niente! — esclamò Gavina; e mentre la zia Itria stava per andar-