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— Calma! — disse Gavina — Lasciatelo venire; fatelo per amor mio!

La vecchia depose lo sgabello; il nano s’avanzò sino all’ingresso del cortiletto, e Gavina gli domandò:

— Come va questa storia?

— Io non ho detto nulla! Glielo giuro sul mio onore!

— Sul tuo onore? Se mai, è un onore gobbo e nano! — gridò la zia Itria, ed egli si mise a piangere.

— Zia, — pregò Gavina, guardando ora la vecchia, ora il nano, — fatemi il piacere di lasciarlo parlare! Egli ci spiegherà tutto. Non è vero che dirai la verità?... Di’, su!

Egli si fregava gli occhi coi pugni, come fanno i bambini, ed esitò a lungo, ma infine balbettò!

— Sì, è vero!... Sono stato io a dirle che la bambina mangiò lo zucchero. Quella donna, però, non capisce niente!

— Ma le hai detto che lo zucchero l’avevi preso tu, dalla zuccheriera?

— Sì.... no.... Ecco, lei, Michela, mi domandò: lo zucchero lo aveva Gavina? — Ed io.... io.... non ricordo che cosa ho risposto.

— Tu hai risposto di sì, mascalzone! — gridò la vecchia.

Egli gemeva atterrito; Gavina disse con dolcezza: