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nel cortiletto e inchiodava uno sgabello rotto, domandò a voce alta:
— Quel piccolo boja è là fuori? Ora ti accomodo io! — gridò poi, scorgendo il nano che allungava il collo per spiare senza esser veduto. — Ti accomodo come questo sgabellino! Siediti, nipote mia; devo dirti una cosa molto curiosa.
E senza smetter la sua faccenda, ripetè il fatto stranissimo che Paska aveva già raccontato.
— Tu lo sai — concluse. — Michela è mezzo matta: lo è stata sempre, ma ora poi bisognerà metterla in un manicomio.
Gavina finse di non saper nulla, ma non protestò e non si offese.
— Lasciamola dire! Ma che cosa ha la bambina?
— Ma niente! Un po’ di mal di gola e un po’ di febbre, come tutti i bimbi del vicinato. La colpa di tutto questo pettegolezzo, sai di chi è? di quel piccolo boja là, di quel pezzetto d’uomo, spione, maleducato. Io l’avevo ben avvertito di non dire che tu eri qui, quando egli portò la bimba.
Gavina chiamò il nano, ed egli entrò, ma non volle avanzarsi perchè la vecchia minacciava di lanciargli sul capo lo sgabello.
— Malanno che ti colga! Se non ti bastano gli schiaffi che t’ho già dato vieni avanti ancora.