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plice lenzuolo di tela grossa, v’era un lambicco, più in là una piccola macchina per legare libri: del resto, tutto era in ordine, un ordine meticoloso che rivelava qualcosa di monomaniaco nella persona che abitava la camera.

Luca sedette sul lettuccio; Gavina aprì la finestra e disse:

— Qui si soffoca!

Da anni ella non entrava in quella camera che sembrava il laboratorio di un alchimista, e le parve di penetrarvi per la prima volta e di capire finalmente il carattere di Luca. Egli era nato per raggiungere qualche scopo; nessuno l’aveva guidato ed egli s’era perduto nel labirinto stesso delle sue idee, e la sua attività era diventata un’anormalità, le sue fantasie eran degenerate in sogni morbosi.

Appena ella ebbe aperta la finestra, egli si alzò con l’intenzione di richiuderla; ma subito si ritrasse e tornò a sedersi sul letto: pareva stanco, assonnato, ma i suoi occhi non abbandonavano un momento il rettangolo chiaro, punteggiato di stelle, sul cui sfondo si delineava la figurina di sua sorella. Anche lei lo guardava e la figura di lui, grassa e cascante, le ricordava quella di suo padre.

— Sentimi, Luca, io devo ripartire fra giorni e chissà quando ci rivedremo. Non l’anno venturo, nè l’altro, certamente. So che la mia presenza ti dà fastidio; ma appunto per questo,