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di lei dritto sul suo cavallo ardente come un cacciatore di piaceri, le destava ancora un senso di ammirazione e di rancore. Ma se un tempo lo odiava perchè egli si divertiva, ora lo invidiava per la stessa ragione.
Nei giorni seguenti Francesco andò al suo paese, e la signora Zoseppa si recò alla vigna. Luca andava e veniva, ma per lo più stava tutta la giornata fuori e ritornava solo verso sera, evitando la compagnia di Gavina. Per alcuni giorni ella riprese l’antica vita, e sedeva accanto alla finestra o si aggirava per le vasto camere vuote, inondate dalla luce già melanconica dell’autunno incipiente.
Nel pomeriggio stava lunghe ore alla finestra della sua camera. L’orto, come vivificato dal vento di sud-ovest, fremeva e sussurrava: il mandorlo scintillava al sole come un albero di cristallo, mentre l’elce, curvandosi tutto da un lato, pareva una gran fiamma d’argento. Sulle falde più lontane delle montagne si vedevano nuvole di fumo d’un grigio rossastro, che parevano esalate dalle montagne stesse. Erano brughiere incendiate dai contadini, e il soffio caldo e profumato di questi fuochi arrivava col vento a aveva un odore d’incenso. Più in alto, sul candore dello montagne calcaree, si stendevano grandi ombre turchine, e sulla linea del Gennargentu si posavano, come sopra un altare, nuvolette simili a candelabri e a coppe d’oro. Tutto il paesaggio aveva