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il signor Sulis che in quel momento rientrava dalla solita passeggiata. Col cappello nero a larghe falde, un fazzoletto di seta, nera intorno al collo, egli sembrava un quacchero. La sua presenza parve spandere intorno un senso di pace; tutti tacquero, ed egli, dopo aver appoggiato il bastone dietro la porta, sedette a tavola e la cena fu, come sempre, tranquilla; ma quando Gavina e la signora Zoseppa si alzarono, egli accennò a Luca di rimanere e gli domandò:
— Vorrei sapere cosa ti è capitato ieri notte.
Luca si difese umilmente, poi cercò di sviare il discorso e parlò della sua visita al podere. Il servo non lavorava: non aveva ancora ripulito il terreno intorno ai mandorli e durante la notte lasciava che i contadini levassero la siepe dal varco e introducessero i buoi a pascolare nel podere. Bisognava licenziarlo.
— Ecco, — disse il vecchio, — tu sei come quel servo: lasci aperto il varco ai peggiori vizi e non ti accorgi del male che fai a te stesso e agli altri. Un giorno o l’altro qualcuno ti licenzierà! Bada a te, ragazzo!
Luca abbassò la testa, poi uscì in cucina e recitò assieme con le donne il rosario di cento cinquanta «ave-marie» pensando che Dio perdona al peccatore pentito.
Seduta nel vano della porta Gavina scorgeva, attraverso la porticina dell’orto ancoraspa-