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— Eh, sì, le città si trasformano, il mondo cambia.
— In male! — gridò il canonico Sulis.
— Oh, no, in bene, invece! — disse Gavina: ma subito si pentì, perchè suo zio diventava pavonazzo. Il canonico Bellìa sollevò le palpebre, ma lo riabbassò tosto.
— In male, vi ripeto, — gridò rabbiosamente il canonico Sulis. — Provatevi un po’ a contraddirmi. Dov’è il bene? Voi aprite un giornale ed è come se spalancaste le porto d’una galera. Non trovate che storie di furti, di omicidi, di adulteri, di porcherie. Il mondo sta diventando un porcile. Sì, vi ripeto, un porcile, un porcile.
Il canonico Felix osservò con placida ironia:
— La questione è che un tempo non si trovavano giornali.
Ma l’altro, infuriato, proseguì:
— Nè giornali, nè ferrovie, nè cinematografi! e le dico che si stava meglio. Si stava meglio; lo dico e lo ripeto!
Per calmarlo Gavina disse che aveva veduto la passione di Nostro Signore rappresentata in un cinematografo. Egli parve soffocare, si alzò, andò su e giù per la saletta, tornò accanto al sofà, ed ella, sentendosi sul viso la pancia ansante di lui, si portò lo mani alla testa, supplicando infantilmente:
— Non toccate i miei capelli.... no.... no....
Egli si mise a ridere, e la sua furia svanì.