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— Malanno che ti colga, che cosa dici, scimunito? È bella o brutta?
Egli allora propose:
— Portiamola qui, per giudicarla meglio.
— La vuoi vedere, Gavina?
Gavina arrossì, agitò vivacemente il ventaglio e rispose!
— Ma sì! Portala pure. — E mentre il nano s’avviava, aggiunse: — però non dire a Michela che io sono qui.
Pochi momenti dopo egli ritornò. La bimba rideva e gli si dibatteva fra le braccia, agitando le gambette brune e dritte e i piedini sporchi, e ripiegando all’indietro la testina dai capelli rossicci arruffati. Suo malgrado Gavina si sentiva battere il cuore.
Il nano depose la bimba accanto alla zia Itria e le sollevò il visetto un po’ scarno, pallido e delicato. Ella stringeva la punta rosea della lingua fra le labbra, e i suoi occhi lunghi e verdognoli avevano un’espressione birichina e lieta.
— È bella, — disse Gavina. — Rassomiglia a sua madre.
Ma immediatamente, vedendosi osservata da una sconosciuta, la bimba si fece cupa in viso, e i suoi occhi diventarono foschi come quelli del morto.
— Vuoi venire da me? — disse Gavina tendendole il ventaglio.
Sebbene così vivamente tentata, la bambina