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— Che cosa bevi? Liquore o vino?

Egli bevette il vino ed il liquore; e da vergognoso e triste si fece allegro e sfacciato, ed i suoi occhioni neri fissarono arditamente quelli di Gavina.

— Tutti mi rinfacciano la mia allegria, signora Gavì! Che cosa devo fare? devo impiccarmi? Giacchè Dio mi ha fatto così, debbo contentarmi: altrimenti sarebbe come dire al Creatore: «Tu hai fatto male!» Non si deve criticare Iddio. La vita è corta, dobbiamo tutti morire: se non rido ora, potrò ridere quando sarò morto?

Gavina dovette dargli ragione. Prima di andarsene egli le domandò se conosceva qualche «impresario» a cui raccomandarlo come «un fenomeno vivente» e le disse che la speranza di potersi un giorno esporre al pubblico, in una sala piena di lumi, al ritmo d’una musica da circo, lo rendeva ebbro di gioia: la notte non poteva dormire pensando a questo avvenire luminoso!

Gavina promise di raccomandarlo al signor Zanche; e prima di congedarlo gli fece dare da Paska un canestrino di fichi. In un attimo tutto il vicinato seppe della buona accoglienza ch’ella aveva fatto al nano; e nei giorni seguenti gli amici della zia Itria, i contadini poveri, le donne che l’avevano attorniata mentre sedeva, sulla scaletta, vennero a battere alla sua porta e a domandarle qualche favore. Ella