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tare il bambino, se questo sopravviveva alla madre.
Giusto in quel giorno di Pasqua, Luca, che scriveva sempre a nome della signora Zoseppa, fra le altre notizie che riempivano la sua lettera diceva: «Michela ha avuto una bella bambina bionda, grossa e ben fatta: la madrina è stata la zia Itria!»
Gavina diede la notizia a Francesco, e verso sera mentre uscivano gli disse:
— Che Pasqua banale! La Pasqua a Roma! La settimana santa a Roma! Io immaginavo qualche cosa di fantastico, di medioevale. Vedevo pellegrini colla bisaccia sulle spalle, e quasi mi figuravo la città immersa nelle tenebre, come Gerusalemme durante l’agonia di Gesù. Ricordi la processione della settimana santa, quando mi volsi e ti dissi che eri uno stupido?
— Lo ricordo, altro!...
Ed entrambi, mentre attraversavano piazza Barberini inondata dalla luce violetta del crepuscolo e vibrante di rumori, si abbandonarono ai ricordi semplici del passato. Dopo aver ricordato i discorsi di sua madre intenta a pulire il grano per il pane della Pasqua, Gavina disse:
— Se Michela muore pregherò mia madre di prendere in casa la bambina.
Francesco si volse, la fissò e rise. Ella continuò a guardare davanti a sè, e il suo viso prese un’espressione dura.