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soffiava attorno e pareva volesse portarlo via fosse prodotto dal battito del suo cuore. Poi, all’improvviso, il dolore cessò: egli provò una gioia indicibile; s’alzò a sedere, si guardò attorno e sospirò. Alle sue spalle, su una muraglia di roccie, saliva la luna al suo ultimo quarto: ai suoi piedi si sprofondava una china rocciosa in fondo alla quale il bosco stendeva la sua linea nera dentellata; al di là di questa linea una distesa di nebbia azzurra ondulante dava l’illusione del mare. Il rumore del vento sembrava il rombare delle onde agitate. Zio Sorighe volle alzarsi, ma non potè: il vento lo teneva come inchiodato al suolo. Allora egli capì che il suo stato era grave e invocò l’arrivo di qualcuno, fosse pure un carabiniere, che lo portasse via da quel luogo desolato. Nel suo delirio cominciò a parlare in versi al suo invocato protettore.

— E non sei un uomo anche tu? Vieni, vieni: io sono allegro. Io sono innocente come il giorno in cui son nato. Ho fatto male a fuggire; mi pareva d’essere ancora un giovinotto e provavo gusto a scappare; forse volevo provare a me stesso che ero agile ancora! Ora mi accorgo che son vecchio. Eh, è tempo di confessarlo: siamo vecchi! Ne abbiamo fatte delle belle, però! Una volta, alla festa di San Paolo.... c’erano centosettanta bandiere.... e trenta preti. Un uomo portava uno stendardo coi campanelli d’argento... e lo agitava mentre can-