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— Vorrei.... Vorrei prendere la pistola....

— Che pistola? Avete una pistola? Avete un porto d’armi? No? E allora andate via, andate all’inferno!

— Egli non sa neppure che c’è la pistola! — pensò il vecchio rassicurato. E partì.

Ritornò la notte seguente, dopo aver fatto, fra andata e ritorno, dieci ore di viaggio. Per arrivar presto non si fermò al villaggio, d’altronde già silenzioso a quell’ora; e quando arrivò gli parve di veder il fumo salire dal tetto del suo rifugio e pensò che Priamo fosse ancora lì: ma un uomo, il pastore porcaro, gli si rizzò davanti, nell’atrio illuminato dalla luna.

— Preparatevi a correre, ziu Sorighe!

— Ho corso abbastanza, oggi! Che c’è?

— Hanno trovato il prete morto, oggi. C’è chi dice che s’è ucciso, ma c’è chi dice che è stato ucciso. Io vi consiglio di correre, zio mio! Su, che fate? Piangete? Piangono le donne, zio mio! In questi casi l’uomo deve correre, non piangere. Meglio fuori che dentro. Voi sapete che quando l’uomo è legato, anche un moscherino può pungerlo.

Zio Sorighe dovette correre. Il giovine porcaro lo condusse nel suo ovile: egli era un buon ragazzo, bello come un Antinoo condannato ad una vita selvaggia; parlava come un vecchio saggio, ma aveva un sacro terrore della «giustizia» e del carcere. Suggestionato da lui,