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biar aria! Non può cercarmi un altro posto? Mi contenterei anche di un posto di sottoprefetto!
— Sotterrate il cranio! — gli disse Priamo, nell’andarsene. — Guai se quando torno lo trovo ancora sul finestrino.
Ed egli ritornò un mese dopo. Stava molto meglio, si era ingrassato, ma non era allegro come la prima volta. Vedendo il cranio ancora sul finestrino diventò livido per la collera e fece atto di slanciarsi contro il vecchio per bastonarlo.
— Io non lo tocco! — disse il guardiano. — È il cranio di un bandito parricida e chi lo tocca muore entro l’anno di morte violenta. E lei lo sa!
— Ebbene, prendetelo e crepate! — gridò Priamo, e con un bastone fece cadere il cranio, dal quale si staccarono due denti.
— Morrà anche lei!
— Crepiamo pure, ma sotterratelo subito.
Zio Sorighe prese il cranio a malincuore e Priamo raccattò i due denti. Uscirono. Era una splendida giornata d’inverno: le montagne lontane coperte di neve erano così chiare che pareva sorgessero dietro gli alberi dello spiazzo.
Seppellito il cranio ai piedi d’un elce, zio Sorighe tracciò col dito una croce sul terreno umido, e quando si sollevò era pallido in viso, con gli occhi pieni d’angoscia. Aveva paura di morire, e fino all’ultimo giorno dell’anno vis-