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di vergogna e desiderò di morire. Scivolò, appoggiò la testa al letto e le mani al suolo e chiuse gli occhi. Francesco la trovò così e si mise a gridare, sollevandola e chiamandola coi più dolci nomi.
Da quel momento ella cominciò a provare un benessere nuovo, dolce e profondo. Si accorgeva che Francesco l’amava sempre, nonostante il passato, e che più nulla oramai li divideva; e sollevando gli occhi vedeva il cielo rasserenarsi, dietro i cristalli ancora umidi, e tutto il mondo le appariva bello, e tutto intorno a lei era molle e tiepido come i cuscini che la circondavano. Si sentì felice. Cominciò a pregare, domandò perdono a Dio per aver dubitato di lui. Sentiva la gioia di vivere, di credere nella vita e di conservare tuttavia la fede in un’esistenza più bella di questa. Fu uno dei momenti più dolci della sua vita, quasi eguale all’attimo di ebbrezza provato una sera sotto l’elce, tanti anni prima. Ma come quello durò poco. Quasi per un’abitudine fisica delle labbra ella cominciò a recitare le «requiem æternam» con le quali accompagnava tutte le sue preghiere; e i due fantasmi ritornarono davanti a lei, ed ella pregò per loro e ricadde nella sua tristezza e nei suoi dubbi.