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guardandosi attorno impassibile. Accese il gas, rimise tutto in ordine e finì col penetrare nella camera dell’ammalata e fare da infermiere. Gavina non lo riconobbe, ma con meraviglia di Francesco ella non parlò più; solo di tanto in tanto si sollevava sui cuscini e guardando verso l’uscio diceva sottovoce:
— I giornali.... — poi ricadeva nel suo sogno febbrile.
Confuse visioni attraversavano la sua mente. Le sembrava di essere lassù, nel luogo dove si era svolto il dramma. Da bambina era stata alla festa di San Teodoro e ricordava bene quel paesaggio roccioso che ora le appariva coperto di neve e di nubi. Le figure delle due vittime le stavano sempre davanti, ora dritte e vive, ora informi cadaveri buttati ai suoi piedi: si sollevavano, cadevano, risorgevano ancora, con una danza macabra, come bimbi che fingono una battaglia. Un cerchio di nebbia chiudeva la lugubre scena e al di là di quella muraglia di cenere si udiva il rombare del bosco agitato dal vento e i fischi degli avoltoi in agguato fra le rupi come banditi.
A un tratto ella si accorse che tutta questa visione era un incubo e ricordò la realtà; ma per quanti sforzi facesse non potè svegliarsi. Nel suo dormiveglia intravedeva la sua camera piena di strani oggetti: il signor Zanche stava seduto sopra una roccia e France-