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che davanti al pericolo s’era persino dimenticato di Dio, ma quando la sentì cantare impallidì.
Ella guardò verso l’uscio e disse sottovoce:
— Guarda se sono andati via.
— Ma chi? — egli domandò curvandosele sopra, e sollevandole rapidamente una palpebra.
— Loro due! Zio Sorighe e l’altro! Li ha condotti il signor Zanche, nojoso. Va e guarda. Come, tu non mi credi? — disse alzando la voce e respingendolo. — Io sono bugiarda, sì, ma tu ora non mi credi neppure quando dico la verità!
Subito, dopo rise forte, ma come in sogno.
— Ah, sciocco! Tu fingi di credere che non ci sieno. Tu fingi, tu fingi sempre! Ti leggo negli occhi come tu leggi nei miei!
E passarono dei tristi giorni. Colta da febbre cerebrale ella parlava continuamente, e per maggior strazio aveva l’aspetto di persona sana, con gli occhi lucidi e il viso ridente. Francesco però osservava un fenomeno strano: Gavina imitava l’atteggiamento della malata di gola veduta in una sala del Policlinico.
Egli era turbato anche perchè doveva pensare alle faccende domestiche, e non sapeva decidersi a chiamare un’infermiera perchè Gavina raccontava tutto il suo passato ricordando ogni cosa con lucidità straordinaria.
— Tu non mi conosci, — ripeteva.