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la visita al canonico Bellìa, la sua angoscia nell’apprendere, la sera stessa del suo arrivo, la notizia della morte di zio Sorighe.

— Prevedevo che anche tu l’avresti saputa prima del mio ritorno. Hai passato delle brutte ore, non è vero? Adesso tutto è passato; devi stare tranquilla, non devi agitarti così....

— Tutto è passato? Tu dici questo? E il vecchio? Egli è morto per colpa mia.

— Oh Dio, non ricominciamo! — implorò Francesco. — Ora basta! Tu potrai ammalarti, tormentarti, e tormentarmi per tutta la vita, non riuscirai a rimediare nulla. È tempo di finirla, invece: capiscilo, capiscilo. Tutto dev’esser finito.

— Capisco. Perdonami, — ella disse; e volse il viso contro il guanciale e pianse.

Egli tacque: capiva benissimo che il dramma, invece che finito, stava forse per cominciare. Per distrarla riprese a raccontarle gli episodi del suo viaggio, le notizie di casa, le chiacchiere del canonico Sulis, del quale rifaceva la voce e i gesti. Poi, stanco, si gettò sul letto e finse di addormentarsi. Allora Gavina, che sentiva anche lei un senso di grave stanchezza e aveva la schiena indolenzita come dopo un lungo viaggio, volle alzarsi per mettere in ordine la saletta da pranzo, ma le sembrò che la mano di suo marito, che stringeva la sua, le impedisse di muoversi. Quel contatto le comunicava un calore ardente, che