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di quelle donne che vivono come uomini tra gli uomini, e alla cui esistenza ella un tempo non credeva, tanto le sembrava inverosimile. La studentessa rispose al saluto di Francesco, e poco dopo Gavina distinse il mantello scozzese attaccato fra i mantelli degli studenti, nel corridoio caldo e cupo. Fra quei mantelli, ciascuno dei quali aveva per così dire una fisionomia, e tradiva la povertà, la ricchezza, la modestia o l’eleganza del suo padrone, il mantello scozzese conservava la sua distinzione, ma pareva si abbandonasse con fiducia al contatto dei suoi compagni di riposo.

Nonostante le ansie che l’agitavano, Gavina guardava e osservava: quel modesto mantello le rivelava molte cose. Francesco spinse un grande uscio a vetri ed ella vide una vasta camera bianca sorretta da colonne. Le malate, nei loro lettucci bianchi, volsero gli occhi all'uscio, tranquille e silenziose, ma come in attesa di qualcuno. Solo le convalescenti, sedute accanto ai finestroni dai quali si scorgeva il giardino illuminato dal sole, lavoravano e ridevano e non badavano ai visitatori: esse non aspettavano più, poiché la salute era già tornata.

Francesco s’avvicinò al letto d’una ragazza il cui viso bianco e lucido era incorniciato da una folta capigliatura rossa.

— Come stai? Ecco la signora!

La ragazza volle sollevarsi e parlare, ma