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— Oh lo capisco anche adesso! Sono due infelici: mie vittime.... tu vuoi dire questo.

— Oh finiamola! Non lasciarti riprendere dal solito istinto di farti del male, e non accusarti davanti a me di delitti immaginari. Abbiamo da pensare ad altre cose. Vieni qui!

Egli aprì l’uscio del gabinetto e andò a sedersi davanti al suo piccolo scrittoio; scrisse alcune parole su un modulo di telegramma e gliele fece leggere.

«La prego dirmi se ha ricevuta la mia raccomandata. Tardando risposta verrò personalmente ritirare lettera Felix e provvedere. Gavina».

— Va bene, — ella disse.

Egli si alzò e andò a spedire il telegramma E da quel momento ella fu apparentemente calma. Si propose di non tormentare Francesco con domande inutili, anche per dimostrargli la sua piena fiducia; e più tardi lo accompagnò al Policlinico. Anch’egli era calmo, al solito, ma taciturno. Camminarono a lungo, silenziosi, sotto le mure rossicce incoronate di una capigliatura melanconica di erbe selvagge. La strada solitaria, coi suoi villini quieti e gli alberi immobili e come dipinti sul cielo chiaro, pareva slanciarsi verso un orizzonte vaporoso; e qua e là, su pali enormi, si leggeva una scritta misteriosa, come sull’ingresso di certi palazzi di fiaba: «chi tocca i fili muore». La Città era, lontana; ma