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suicidio di Priamo Felix. Anch’io ero convinta.... cioè sapevo. Sì, egli si è ucciso.... Lo scrisse a me, prima di uccidersi. Sì, a me.... taci! Ascolta!

Egli ascoltava, e non sembrava turbato e neppure sorpreso.

— Tu mi devi, non perdonare, ma comprendere. Io ricevetti la lettera un’ora prima della nostra partenza. Tu eri così felice! Io non volevo turbare la tua gioia, volevo aspettare, per dirti ogni cosa. Tu, che avresti fatto? Io ho fatto male, ora me ne accorgo, — ella proseguì, senza aspettare la risposta di lui, che ascoltava attento, con gli occhi lucenti fissi sul viso di lei; — ho sempre fatto male, io! Ma senza volerlo, anzi credendo di far bene. L’altro giorno, dunque, dopo aver letto che si accusava zio Sorighe.... tu lo conosci.... quel vecchio che noi abbiamo avuto al nostro servizio.... io mandai, raccomandata, al canonico Bellìa, la letterina con la quale Priamo mi diceva che si sarebbe ucciso. Ero certa che si sarebbe spiegato l’equivoco. Invece no! Invece no.... perchè? E adesso.... tu forse lo sai, zio Sorighe.... è scomparso.... è latitante.... sotto la falsa accusa...

— Tu hai scritto!... — gridò Francesco, battendo le mani sul lenzuolo; ed ella trasalì come se egli l’avesse percossa, ma sollevò la testa, con la solita fierezza, e le parve di essersi liberata dall'incubo. Ora occorreva solo