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A un tratto s’alzò, s’appoggiò alla colonna e si mise a piangere. Una pietà infinita la vinceva, per la sua vittima, per lei, per Francesco, ma questo sentimento invece di confortarla aumentava la sua disperazione.

Al ritorno trovò il signor Zanche davanti al portone; egli salì con lei, sebbene non invitato, e le domandò famigliarmente dove era stata.

— In chiesa. Ed a momenti uscirò ancora, — ella disse con freddezza, curvandosi davanti alla porta che non riusciva ad aprire.

— Dia a me. Ecco, bisogna tirare la porta e girare lievemente la chiave: ecco aperto. Pare che l’abbiano assassinato davvero, quel prete....

— Ha i giornali? — ella domandò sottovoce.

— Eccoli. È qui, è qui, seconda pagina, terza colonna. «Delitto o suicidio?»

E Gavina scorse rapidamente il giornale, mentre il signor Zanche riprendeva tranquillamente possesso della saletta da pranzo.

La corrispondenza descriveva i funerali di Priamo, e dava notizia dell’autopsia della quale si teneva nascosto il risultato.

«Posso darvi però alcuni particolari interessanti: dal portafoglio della vittima mancava un biglietto da 50 lire. L’arma di cui egli si servì, o che servì all’assassino, è una pistola appartenente al guardiano della chiesa di San Teodoro, un vecchio stravagante, noto poeta