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— E troppo grosso. Io non ho pazienza a leggere....

— Ne avrai, del tempo!

— No, no, caro mio; avrò da lavorare, io!

— Spero non vorrai fare il pane in casa!

— E perchè no, se è possibile?

— Intanto andrai a riposarti, — egli disse, riconducendola nella camera da letto.

Ella finì con l'addormentarsi e sognò che Paska aveva permesso a zio Sorighe di sdrajarsi sul divano della saletta. Ella andò a scuotere il vecchio, ma egli dormiva d’un sonno così profondo che nulla valeva a svegliarlo. «Dunque resterà sempre qui, sempre qui!» ella gridava infuriata.

Svegliandosi sotto la penosa impressione di questo sogno, le parve di trovarsi a Roma senza aver viaggiato: s’era addormentata a casa sua, si svegliava in quella camera piccola e rilucente, dai mobili bianchi e la vôlta dipinta come quella della cattedrale del suo paese. Una luce viva e cruda batteva sui vetri. Francesco non era in camera, ed ella provò un senso di freddo e di tristezza. «Che farò, adesso? E domani, che farò?» Ah, certo non era possibile fare il pane in casa! In un attimo ricordò tutta la sua vita passata, e sentì che oramai tutto era finito davvero: ciò che ieri l’affliggeva, ciò che ieri formava la sua vita, oggi non era che un ricordo. Era come se ella sopravvivesse a sè stessa.