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nuvole bianche salivano sull’orizzonte sopra le ultime linee argentee dei monti, e parevano greggie spinte da un pastore nascosto tra i vapori lunari. Ed ella, che avrebbe potuto, come diceva Francesco, serbare un ricordo poetico di quell’ora, uno di quei ricordi che si serbano come i gioielli preziosi, cari nei giorni lieti, utili nei giorni della miseria, s’immerse invece in un sogno di tristezza.



Le nozze erano fissate per la prima quindicina di gennaio, e il giorno dell’Epifania arrivò la madre di Francesco.

— Pare che tu arrivi dal paese dei Magi, — le disse Paska, non senza ironia.

La donnina infatti, seduta a cavalcioni su una giumenta grigia carica di bisacce, pareva una di quelle figurine che si vedono nei presepi, recanti doni al Messia.

Gavina, che un tempo aveva tanto disprezzato la piccola vedova, l’aiutò a smontare, la baciò, le dette il caffè, mentre la donnina, sbalordita, non si offendeva se Paska le rivolgeva parole ironiche, e non poteva ancora persuadersi che gente come i Sulis la trattassero da pari a pari.

Nel pomeriggio Gavina le fece vedere i suoi vestiti e il suo corredo, e per significare la sua ammirazione la donnina si batteva il pet-