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Dio cominciò ad accusare sè stessa, chiamandosi la causa della disgrazia di Michela e del traviamento di Priamo.
Alla vigilia del ritorno in città vagò per la vigna spoglia, e mentre aspettava Francesco pensava ancora all’altro. Nulla le pareva mutato; fra le macchie della brughiera vagavano le pecore giallastre e il pastore cantava una canzone d’amore, monotona e nostalgica; all’orizzonte salivano piccole nuvole nere, simili a grandi uccelli messaggieri del freddo; pareva che la stagione calda fosse scomparsa coi grappoli, e che il sole impallidisse ora che le vigne non avevano più bisogno del suo calore. La terra si velava di melanconia, e quando giunse Francesco parve che il suo grido di saluto e le sue risate stonassero nel silenzio del luogo.
— Stanotte c’è la luna, — egli disse, prima di andarsene, — io ritornerò.... aspettami qui, sotto la quercia. Noi non ci rivedremo più, in queste condizioni: sarà uno dei nostri più dolci e poetici ricordi.
Ella arrossì, ma non accettò il convegno, anzi finse di offendersi perchè Francesco insisteva. Eppure quando fu sera andò a sedersi sotto la quercia. La notte era dolce, piena di mistero o di melanconia; le distese dei pampini spogli, grigi alla luna nuova che calava sotto la quercia, si confondevano con le macchie della brughiera; torme di piccole
Deledda. Sino al confine. | 10 |