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mavano una coppia quasi fraterna; e questo dava da sperare in bene alla signora Zoseppa. Mentre ella si alzava e col grembiale si asciugava le mani umide di succo d’uva, Francesco passò in mezzo ai grappoli che parevano mucchi di grosse perle dorate, e l’abbracciò. Ella fece come Paska: si mise a piangere. E il servo, che aveva compreso tutto, volle uscire, ma nello scostarsi urtò il tavolo e rovesciò una bottiglia di vino.

— Allegria! allegria! — egli annunziò, come un araldo della buona fortuna; e uscì, ma gli parve che Gavina, ritta ancora sulla porta, non fosse allegra come avrebbe dovuto esserlo in quell’occasione.



Durante le due settimane che stette nella piccola città Francesco ottenne il permesso di visitare tutti i giorni la sua fidanzata. Le visite più liete, per lui, furono le prime. Si sentiva felice come un bambino e tutto gli piaceva e lo esaltava; il paesaggio, la stagione, il luogo dove lui e Gavina stavano lungamente seduti, la quercia, che di tanto in tanto mormorava come prendendo parte alla loro conversazione: ma soprattutto lo eccitava Gavina, pur così eguale a sè stessa, sempre fred-