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servasse anche lei quei suoi vestiti fra di paesana e di signora, adatti ad una fanciulla per bene e che costavano poco.
Egli riuscì a convincere sua moglie; e Gavina, che non doveva avere alcuna ingerenza nè su questa, nè su altre questioni, non fu interpellata. Ma ella non si ribellava mai alle decisioni di suo padre; anzi, mentre non osava fissare gli occhi severi di sua madre, rispondeva sorridendo allo sguardo infantile del signor Sulis e aveva una completa fiducia in lui.
Appena i suoi genitori si ritirarono per far la siesta nella loro camera al primo piano, anche lei andò a spogliarsi, ma non si coricò. La sua camera, all’ultimo piano, era vasta e quasi vuota, con le pareti tinte di calce e il soffitto di legno grigio; solo ornamento, sopra il cassettone, un antico orologio d’ebano, con due colonnine d’alabastro che sostenevano un giardinetto pensile, sulle cui roselline gialle e rosse, sbiadite, si vedevano minuscole farfalle dorate, e strane api verdi iridate che pareva non si saziassero mai di succhiare i fiori su cui posavano. Contemplando per ore ed ore il vecchio orologio che non batteva più, Gavina aveva finito col credere che tutti i giardini del mondo fossero pieni di rose sbiadite e di api iridate.
Ella aprì la finestra che dava sull’orto e s’appoggiò al davanzale ancora caldo di sole;