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Allora la zia Itria s’irritò davvero e alzò la voce, ma Gavina non volle sentire oltre. Chiuse la finestra e aprì quella verso l’orto: e la notte era dolce e azzurra, e pareva bastasse salire sulla montagna per toccare le stelle; l’orto esalava un profumo di gigli, e l’elce fiorito illuminato dalla luna sembrava un mazzo enorme di fiori offerto dalla terra alle stelle sue amiche. Ma dalla finestra attigua usciva la voce lamentosa di Luca e ancora s’udivano le risate dei giovinastri.
Gavina pianse di disperazione e le parve d’essere chiusa in un luogo tenebroso, assediata anche lei, come il fratello malato, da mostri fantastici.
Bisognava fuggire, varcare la muraglia delle montagne.
III.
L’autunno indorava di nuovo le vigne, e le macchie della brughiera riflettevano il colore rugginoso delle nuvolette immobili sull’orizzonte.
Seduta sotto la quercia Gavina guardava lontano e anche l’azzurro dei suoi occhi come quello del cielo era velato di tristezza. Invano ella cercava di scacciare i ricordi; essi