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Mentre egli batteva una mano sull’altra spaventato, Paska cercava di calmarlo.

— Tu vaneggi, Luca! Gavina ti vuol bene, è tua sorella, è carne della tua carne. Vuoi che la chiami? Ella ti dirà....

Ma egli rispondeva sottovoce, supplichevole:

— No, no, ma no.... ti dico! Non chiamarla.... se ella potesse mi ucciderebbe con lo sguardo.

Gavina sapeva tutto questo, e quel che più le dispiaceva era che lo sapevano anche gli altri.

Una sera ella sentì i giovani sfaccendati riuniti nella piazzetta, accusarla chiaramente di aver sempre maltrattato Luca: invano la zia Itria la difendeva; la vedova maldicente rideva con perfidia e diceva:

— Malanno che li colga, e lasciate che si cavino gli occhi fra di loro! E che solo i poveretti devono soffrire? Anche i ricchi devono scontare i loro peccati.

— Che peccati può aver fatto quella povera bambina? Taci, lingua infernale, — gridò la zia Itria.

— Quella povera bambina? Ah, ah, ella ha trent’anni e non ha ancora capito che bisogna avere un po’ di carità cristiana....

— Gavina trent’anni? Tu diventi matta, maledetto sia il peccato mortale!

— Ella ha l’età di Michela, — disse uno dei giovani.

E tutti risero nell’udire quel nome.