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ceva al piano superiore della casa, si udì un fruscio di sottana, uno scricchiolìo di scarpette.... la voce di Priamo.... quella di Michela.... il suono di un bacio....
Gavina balzò in piedi spaventata e si aggrappò alla porta por non cadere svenuta; le pareva di soffocare, di morire. Fortunatamente Michela risalì nelle camerette di sopra ed ella potè andarsene non veduta.
Non ritornò più, e fece sapere all’amica che oramai fra loro non poteva esserci più nulla di comune.
Invano Michela partecipò a tutti il suo fidanzamento col giovane contadino; la gente continuò a mormorare e Gavina fu inesorabile: respinse una lettera che l’amica le scrisse, e una sera annunziò al canonico Sulis che voleva andarsene dal paese, che voleva farsi monaca.
— E perchè? perchè, perchè, perchè? — egli cominciò a gridare, stizzito e rosso di collera. — Vi manca da mangiare? Vi manca da bere, in casa vostra? E se volete far la monaca non potete farla in casa vostra?
— Non posso più sopportare Luca.... nè egli può sopportarmi....
— Tutte le famiglie soffrono di simili piaghe, dovete saperlo! E perchè il Signore ci ha dato la forza d’animo se non per sopportare le avversità? E se vuoi andartene, — egli concluse abbassando la voce, — prendi marito!