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il cappello sulla «console» e domandò sottovoce:
— Paska dorme?
Gavina lo guardò, vide che era pallidissimo, con le labbra bianche e la fronte umida di sudore, e si sentì immediatamente più forte di lui.
— Paska sa che ti ricevo! — rispose a voce alta
— Questo non è vero! Tu non hai paura, certo! — egli disse ironico. Ma subito parve pentirsi delle sue parole, e cominciò a parlare rapidamente, quasi avesse fretta d’andarsene. Di tanto in tanto faceva un gesto con ambe le mani, come ricercando i lembi della mantellina che non portava
— Ho bisogno di dirti molte cose, ma lo farò brevemente. Non ti ho scritto, perchè scrivere a te è inutile.... Prima di tutto devo domandarti questo.... «Devo» prendere gli ordini, Gavina? Devo? Siamo ancora in tempo... Rispondimi. Pensa che dalla tua parola dipende... dipende... tutto... tutto...
— Sì! — ella disse con forza, prima che egli avesse terminato la frase. — Devi prender gli ordini!
Egli si asciugò la fronte con la palma della mano.
— Pensaci bene, Gavina! Pensaci! Io non ho alcuna vocazione, lo sai. Mi hanno condotto fino al punto in cui sono, come unpu-