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nel cortiletto, davanti a un tavolino senza tovaglia, e mangiava tranquillamente.

Gavina passò oltre, si fermò davanti alla sua casa gialla, alta e nuova, e battè forte la mano di ferro applicata come battente alla porta di legno scuro sormontata da una lunetta di vetri. I colpi echeggiarono nell’interno della casa che pareva deserta, e solo dopo qualche tempo apparve una vecchia serva in costume del paese, una donna che in gioventù doveva essere stata molto bella perchè il suo viso, sebbene già molle, si conservava roseo e dolce, e i suoi occhi castanei, circondati di rughe, scintillavano ancora.

— Hai fatto tutto bene? — domandò subito con premura — Le han proprio chiuse oggi le scuole?

— Ma sì; — rispose Gavina con indifferenza — Mangiate già?

Nella stanza a sinistra dell’andito fresco e silenzioso, i suoi genitori sedevano già a tavola. Ella attaccò la borsa a un chiodo e andò a sedersi accanto al posto vuoto del fratello Luca.

L’ex-impresario e sua moglie parlavano appunto del loro primogenito, lamentandosi perchè la notte scorsa egli non era rientrato a casa. La madre, naturalmente, lo scusava.

— Tu non vuoi ch’egli prenda la chiave: si vede che ieri sera ha fatto tardi e non ha osato picchiare. Speriamo che non lo faccia più!