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— Chissà che non troviate qualche altra vedova! Sceglietela però che non abbia figli — disse Gavina.
Egli le porse la mano ripetendo l’antica canzonetta:
Dami sa manu, bellita, bellita,
ma con accento melanconico. Nei giorni seguenti battè a tutte le porte della piccola città, domandando lavoro; nessuno lo voleva perchè era troppo vecchio, e tutte le sere egli ritornava da Paska, sedeva in un angolo del cortile, canticchiava e sbadigliava. Una sera ella gli diede un pane d’orzo: egli lo prese e si mise a piangere.
— Un uomo come me, un uomo di talento.... uno che avrebbe potuto vivere come un cavaliere.... ridotto così! — E le sue lagrime cadevano sul largo pane grigio come goccie di pioggia sulle foglie secche. Naturalmente la vecchia serva si mise a piangere anche lei; ma l’indomani egli ritornò con una lieta notizia.
— Il canonico Felix, Dio lo benedica, mi ha fatto dare il posto di custode nella chiesetta di San Teodoro. Tu sai dov’è? Poco distante dal paesetto nostro, sui monti; la festa è in giugno. Verrete a trovarmi? Vi farò cuocere le fave con la mentuccia selvatica... Bene, io vivrò come un eremita, e pregherò sempre per i miei benefattori. Io penso sia stato Pilimeddu a farmi ottenere il posto.